Malattia rara, progressiva e invalidante. Si può definire così, in termini scientifici, l’ipertensione arteriosa polmonare. Ma dietro questi termini scientifici c’è la realtà di un quadro che porta all’improvviso ad avere difficoltà a respirare, con una fame d’aria che a volte diventa quasi costante e rappresenta una compagna di viaggio capace di penalizzare pesantemente la qualità di vita di chi soffre del quadro. Con un danno che, alla fine, va a propagarsi al cuore, con l’insorgenza di insufficienza cardiaca.
Si calcola che in Italia ci siano 3.000-3.500 persone affette da IAP ed in Europa circa 30.000. La sintomatologia dell’ipertensione arteriosa polmonare all’esordio è sfumata, ma poi progressivamente peggiora. Per questo è fondamentale arrivare presto alla diagnosi, ma questo obiettivo non sempre viene raggiunto anche perché i sintomi sono spesso aspecifici e quindi possono portare fuori strada.
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Una malattia invisibile
La patologia è caratterizzata da un aumento della pressione del sangue nelle arterie polmonari con conseguente affaticamento del cuore. Tecnicamente l’IAP origina direttamente nelle piccole arterie polmonari e determina un aumento della pressione nel piccolo circolo con possibile scompenso cardiaco per l’impegno della parte destra del cuore.
In genere tende a manifestarsi soprattutto nelle donne, ma può avere un decorso peggiore nella popolazione maschile. La difficoltà a riconoscere il quadro è legata al fatto che i sintomi sono davvero poco specifici e magari fanno pensare ad altre condizioni più comuni: stiamo parlando di fiato corto, affanno, gonfiore alle gambe.
Per questo motivo la diagnosi difficilmente si ottiene presto e a volte richiede anche anni. Siamo insomma di fronte ad una malattia che viene definita invisibile perché la fame d’aria non provoca dolore e i sintomi vengono spesso trascurati o confusi con quelli di altre patologie cardio-respiratorie. Occorre quindi sostenere chi ne soffre e chi assiste i pazienti, anche e soprattutto con una riconoscimento precoce del quadro.
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Il ruolo delle terapie
In passato il trattamento dell’ipertensione arteriosa polmonare consisteva nel trapianto di polmone o cuore-polmone come unica opzione terapeutica; negli ultimi 10 anni il percorso terapeutico è cambiato, con l’introduzione di farmaci che allungano la sopravvivenza e migliorano la qualità di vita dei pazienti. Inoltre si sono sviluppati servizi di supporto al paziente e alla famiglia, come ad esempio l’Home Delivery di alcune terapie.
Intanto la ricerca va avanti, come dimostrano i risultati preliminari dello studio di Fase 3 HYPERION che valuta un farmaco (sotatercept) rispetto al placebo (entrambi in combinazione con la terapia standard) in adulti con recente diagnosi di ipertensione arteriosa polmonare di classe funzionale II o III a rischio intermedio o alto di progressione della malattia. HYPERION ha raggiunto il suo endpoint primario di tempo al peggioramento clinico. Nello studio HYPERION, sotatercept, somministrato in aggiunta alla terapia standard (il 72,2% dei pazienti era in duplice terapia) entro 12 mesi dalla diagnosi iniziale di IAP, ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante del rischio di eventi di peggioramento clinico rispetto al placebo.
“L’ipertensione arteriosa polmonare (IAP) è una malattia progressiva con una prognosi sfavorevole ed è una malattia difficile da curare perché le terapie di combinazione necessarie per aggredire la malattia sin dalle fasi iniziali possono essere complesse da gestire – è il commento di Stefano Ghio, ,Presidente della Rete Italiana di Ipertensione Polmonare IPHNET e a capo dell’Unità Scompenso, Cardiomiopatie ed Ipertensione Polmonare della Divisione di Cardiologia, IRCCS Policlinico S. Matteo, Pavia. Lo studio HYPERION ha dimostrato che sotatercept, in aggiunta alla terapia di base, ha raggiunto l’end-point primario di riduzione del tempo al peggioramento clinico in pazienti con ipertensione arteriosa polmonare di recente riscontro. Questi risultati positivi di HYPERION si sommano ai precedenti dati positivi di STELLAR e ZENITH ottenuti su popolazioni di pazienti prevalenti, composte cioè da pazienti che avevano intrapreso il loro percorso terapeutico da anni. Sotatercept è la prima terapia approvata per il trattamento della IAP che agisce correggendo lo squilibrio tra i segnali intracellulari che promuovono e inibiscono la crescita che caratterizza la malattia IAP. I risultati di HYPERION confermano la solidità clinica di sotatercept e potenzialmente ampliano la popolazione di pazienti che può giovarsi di questo nuovo farmaco”.
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