Il vapore che fuoriesce dai tombini di New York non è un mistero cinematografico, ma l’effetto visibile di un sistema di teleriscaldamento tra i più antichi e complessi al mondo. Ecco cosa c’è davvero sotto le strade.
Tra taxi gialli, grattacieli e sirene in lontananza, c’è un’immagine che torna in ogni film ambientato a New York: quel fumo bianco che si solleva dall’asfalto, spesso incorniciato da colonnine a strisce bianche e arancioni. Non è un effetto speciale, né un guasto. È vapore acqueo, parte di un sistema gigantesco e ormai storico che riscalda la città da oltre un secolo. L’origine di questo fenomeno affonda le radici nel 1877, quando l’ingegnere Birdsill Holly ideò un metodo per distribuire calore tramite vapore, inizialmente pensato per abitazioni private. Qualche anno più tardi, New York adottò il sistema su scala urbana e ancora oggi oltre 1.500 edifici – ospedali, ristoranti, hotel, grattacieli – sono alimentati da questa rete. Il vapore viene prodotto da centrali sotterranee con caldaie industriali, spinto in tubature che si estendono per più di 150 km sotto Manhattan. È proprio da lì, da quelle vecchie condotte ormai usurate, che il vapore trova vie di fuga fino in superficie.
Una rete sotterranea fragile e difficile da gestire
Il sistema di teleriscaldamento di New York è il più grande e antico al mondo, ma anche uno dei più delicati. Con tubi che risalgono a quasi 150 anni fa, è inevitabile che alcune sezioni inizino a perdere. Riparare queste perdite non è semplice. La rete passa in profondità sotto la città, tra fognature, cavi elettrici, tunnel della metropolitana. Gli accessi diretti sono pochi e in molte zone si deve scavare, bloccando il traffico o interrompendo servizi essenziali. Per questo motivo, intervenire spesso non conviene, soprattutto d’inverno, quando fermare il vapore significherebbe lasciare al freddo interi quartieri. Il vapore, infatti, non serve solo per scaldare, ma viene usato anche per pulire, sterilizzare, cuocere.
New York, quel vapore che sale dall’asfalto ha origini antiche – ecoblog.it
Non sorprende che i tecnici abbiano preferito gestire le perdite in modo più pragmatico: quelle colonnine bianche e arancioni che si vedono sui marciapiedi servono proprio a convogliare il vapore in eccesso, evitando che esca a caso dai tombini, dove potrebbe causare ustioni o scarsa visibilità. Nel tempo, questo approccio è diventato una soluzione di equilibrio: meglio lasciar sfogare il vapore in sicurezza che interrompere il sistema. Ma l’immagine che ne risulta, quel fumo che sale lento tra i taxi, è diventata parte integrante del paesaggio urbano, tanto da sembrare messa lì apposta. In realtà è il segno visibile di una macchina sotterranea che non si è mai fermata, anche se oggi mostra i segni dell’età.
Un simbolo nato da una necessità tecnica
Il fenomeno del vapore dai tombini non è esclusivo di New York. Esiste anche in altre città americane come Boston, Detroit, Philadelphia o San Francisco, e persino in alcune città italiane come Torino, dove il teleriscaldamento è attivo da anni. Ma solo a New York è diventato parte dell’immaginario collettivo, per la sua presenza costante, visibile e, in un certo senso, poetica. A differenza di altre città, dove le reti sono più recenti e progettate per evitare perdite, quella di Manhattan è un reticolo fragile, costruito nel tempo e adattato alla crescita della città. Proprio per questo motivo, il vapore è ovunque, e con lui il ricordo di un’epoca in cui l’ingegneria si muoveva sotto terra mentre la città cresceva verso il cielo.
Il vapore ascendente, che oggi è uno sfondo perfetto per le fotografie, ha avuto anche un impatto concreto sull’architettura della metropoli. Il fatto che non servissero camini in ogni appartamento, ma che bastasse una connessione al sistema centrale, ha favorito la costruzione di grattacieli sempre più alti e snelli. Edifici come il Chrysler Building o l’Empire State Building devono parte della loro struttura a questo dettaglio tecnico spesso trascurato.
Quella nebbia che avvolge New York è, in fondo, la somma visibile di un secolo e mezzo di ingegno, compromessi e calore condiviso. Anche se oggi sappiamo che viene da tubi vecchi e pressioni difficili da gestire, quel fumo rimane uno degli elementi più identificabili e veri della città.