Negli ultimi anni, il mercato immobiliare ha visto crescere l’interesse per gli affitti brevi, spinti dal turismo e dalle piattaforme online. Ma vale sempre la pena scegliere questa strada rispetto a un affitto a lungo termine? La risposta non è uguale per tutti: dipende dagli obiettivi, dalla posizione dell’immobile e dal tempo che si vuole dedicare alla gestione.
La redditività dell’affitto breve
L’affitto breve (da pochi giorni a qualche settimana) può garantire entrate mensili più alte rispetto a un canone fisso. Un appartamento ben posizionato in una città turistica o vicino a un polo universitario può generare un’entrata superiore anche del 30-40% rispetto a un affitto tradizionale.
In più, permette di modulare la disponibilità dell’immobile: il proprietario può decidere di tenerlo libero in certi periodi per uso personale.
Tuttavia, non è tutto oro quello che luccica: la rotazione continua degli ospiti implica pulizie frequenti, spese di manutenzione più alte e tempo da investire nella gestione delle prenotazioni.
Stabilità e semplicità con il lungo termine
L’affitto a lungo termine garantisce invece stabilità. Con un contratto annuale o pluriennale, il proprietario riceve un’entrata regolare senza dover controllare costantemente il calendario o coordinare check-in e check-out.
Le spese di gestione sono minori e, nella maggior parte dei casi, il conduttore si occupa delle utenze e della manutenzione ordinaria.
Di contro, il canone è fisso: non ci sono picchi di guadagno nei periodi di alta domanda, e uscire da un contratto può essere più complesso se le condizioni di mercato cambiano.
Fattori che influenzano la scelta
Prima di decidere, è utile considerare alcuni aspetti chiave:
- Posizione dell’immobile: in zone turistiche, l’affitto breve ha più margini; in aree residenziali stabili, il lungo termine è spesso più sicuro.
- Tempo di gestione: se non si vuole delegare a un’agenzia, il lungo termine richiede meno impegno.
- Normative locali: alcune città pongono limiti o tasse specifiche per gli affitti brevi.
- Rischio di morosità: nel lungo termine, il rischio è che l’inquilino non paghi; nel breve, si paga prima del soggiorno, ma c’è più rischio di danni.
- Tassazione: entrambi possono beneficiare della cedolare secca, ma i regimi fiscali per gli affitti brevi cambiano spesso e vanno verificati.
Esempio pratico
Immaginiamo un bilocale in centro città.
- In affitto lungo termine a 700€ al mese, produce 8.400€ l’anno, con costi di gestione minimi.
- In affitto breve, con una tariffa media di 60€ a notte e un tasso di occupazione del 70%, la rendita può salire a oltre 15.000€ annui.
Tuttavia, bisogna sottrarre le spese di pulizia, biancheria, utenze, commissioni delle piattaforme e imposte, che possono arrivare a 6-7.000€ l’anno. Il guadagno netto si riduce, e resta da considerare il tempo speso nella gestione.
Un equilibrio possibile
Molti proprietari scelgono una formula mista: affitto breve in alta stagione e lungo termine (o transitorio) nei mesi di bassa domanda. Questo approccio può ottimizzare i guadagni riducendo i periodi di vuoto.
In definitiva, non esiste una risposta valida per tutti: l’affitto breve offre flessibilità e potenziale di guadagno, ma richiede più lavoro e attenzione; il lungo termine garantisce stabilità e meno stress, ma con rendimenti più prevedibili.
Saper bilanciare rendimento e tranquillità è la vera chiave: più che scegliere “la formula migliore in assoluto”, conviene scegliere quella che si adatta alla propria vita e agli obiettivi economici.